Il dibattito sull’incidenza dell’AI negli ordinamenti degli Stati membri ha subito una importante accelerazione a seguito della recente posizione assunta dal Garante per la protezione dei dati personali.
In verità, tale espressione mostra che la regolamentazione dell’AI interseca gli stessi equilibri della forma di governo: la governance dei dati è oggetto della decisione politica a partire dall’individuazione dei soggetti di essa responsabili.
La recente segnalazione del Garante privacy, indirizzata al Parlamento e al Governo affronta questioni cruciali in merito alla designazione delle autorità competenti e alla necessità di una vigilanza indipendente ed efficace sull’applicazione delle norme dell’AI.
Tale comunicazione è infatti intrisa della consapevolezza circa le implicazioni dell’AI sui diritti fondamentali e per tale ragione l’Autorità sottolinea quanto sia necessario un quadro normativo preservi l’indipendenza e l’imparzialità delle istituzioni preposte alla sua vigilanza.
Proporre il Garante come fulcro di tale sistema di sorveglianza non è mera formalità; è, invece, riconoscimento della complessa intersezione tra dati personali e applicazioni di AI, un dominio in cui la protezione dei dati assume rilievo costituzionale.
In dettaglio, il documento esorta alla definizione di un sistema di governance dell’AI che, pur riconoscendo il potenziale trasformativo di tale tecnologia, ne disciplini l’uso assicurando che non si traduca in una erosione dei diritti fondamentali.
L’accento posto sulla necessità di un’autorità vigilante, dotata di piena autonomia e distanziata da possibili influenze esterne, mira a istituire un quadro di accountability e trasparenza indispensabile per il mantenimento della fiducia pubblica nell’uso dell’AI.
Il fulcro dell’argomentazione risiede nell’esplicito riconoscimento del Regolamento europeo (GDPR) che prevede, per le autorità di protezione dati, un ruolo preminente nella regolamentazione di sistemi di AI ad alto rischio, particolarmente in ambiti sensibili come la sicurezza, la gestione delle frontiere e le infrastrutture democratiche.
Il Garante propone, quindi, una visione integrata, secondo la quale la stessa Autorità potrebbe fornire una governance coesa, evitando la frammentazione e garantendo un trattamento equilibrato dei dati personali nell’uso dell’AI.
Da qui discendono alcune riflessioni sotto due aspetti: la governance dei dati e gli equilibri tipici della forma di governo italiana.
Sotto il primo aspetto, la proposta del Garante per la protezione dei dati personali di centralizzare la vigilanza sull’intelligenza artificiale (AI) sotto la sua egida è sicuramente un significativo passo (quasi di corsa) verso l’armonizzazione comunitaria della governance dei dati e della tecnologia.
Tale centralizzazione promette di unire la maggiore coerenza normativa alla semplificazione del panorama regolamentare per gli stakeholder, facilitando così l’interpretazione e l’applicazione delle leggi in uno scenario tecnologico in rapida evoluzione.
Tuttavia, la concentrazione di potere regolatorio in un’entità unica, sebbene dotata di una robusta indipendenza statutaria, sollecita direttamente i principi di bilanciamento delle autorità e la divisione delle competenze, pilastri di uno Stato democratico.
Un interrogativo emergente riguarda la capacità del Garante di mantenere la sua agilità decisionale e operativa di fronte a un ampliamento del suo mandato, considerando la velocità con cui l’AI si evolve e il potenziale onere che un tale allargamento comporterebbe.
Guardando al cuore della questione, il punto riguarda l’adeguamento delle strutture esistenti alle esigenze poste dall’innovazione tecnologica, senza tuttavia compromettere la tutela dei diritti fondamentali o la dinamicità necessaria per un’efficace regolamentazione dell’AI. La proposta del Garante, in questo senso, segna un passaggio critico verso la ricerca di un equilibrio tra efficienza normativa e salvaguardia delle libertà individuali.
La riflessione che ne deriva è dunque di ampia portata: come può lo Stato, attraverso le sue istituzioni, garantire che la regolamentazione dell’AI sia contemporaneamente coesa, agile e rispettosa dei diritti fondamentali?
Ciò tradisce la natura squisitamente politica della decisione regolativa sull’AI e la àncora a quei presidi di legittimazione democratica contenuti nella Costituzione italiana.
In altre parole, torna sotto altre vesti l’antica questione della natura giuridica delle Autorità amministrative indipendenti, ma stavolta c’è anche di più: la sollecitazione del Garante al Parlamento e all’organo esecutivo si inserisce direttamente nelle dinamiche della forma di governo e lo fa in un momento di forti interrogativi circa le sue sorti e i suoi sviluppi.
Questa situazione richiama l’attenzione non solo sull’adeguamento normativo necessario per integrare l’innovazione tecnologica nel tessuto sociale, ma interpella anche i principi fondamentali su cui si basa il nostro sistema democratico.
Pertanto, la proposta del Garante la contestualizzata nel dibattito sulla relazione tra autonomia delle autorità regolative e il sistema di rappresentanza democratica.
L’invito a una riflessione congiunta tra il Garante, il Parlamento e il Governo emerge come una proposta di rinnovamento del dialogo tra tecnologia e normativa, nel quale l’obiettivo non è solo rispondere con prontezza alle esigenze poste dall’AI, ma di farlo in modo che rafforzando i pilastri della nostra democrazia.
L’approccio suggerito dal Garante non è estraneo a tale sinergia, poiché mira a una sinergia che permetta di navigare le acque dell’innovazione senza perdere di vista gli ormeggi dei principi costituzionali.
In questo contesto, la questione non si limita a come lo Stato possa formulare una regolamentazione efficace dell’AI, ma si estende a considerare come tale processo possa essere condotto in modo che arricchisca il tessuto democratico attraverso una partecipazione attiva e consapevole da parte di tutte le istituzioni coinvolte.
La regolamentazione dell’AI diventa un’espressione della volontà collettiva, un processo nel quale la profondità della riflessione giuridica si fonde con la visione culturale, assicurando che il progresso tecnologico proceda di pari passo con il rispetto dei diritti individuali e la promozione del bene comune.