Bezos e la “bolla industriale”: perché l’AI non esploderà ma cambierà tutto
Jeff Bezos将当前人工智能热潮称为“工业泡沫”,强调其结构性影响而非短暂现象。他指出这一浪潮将留下数据处理能力、芯片技术和供应链等实体基础设施。文章探讨了AI对全球经济、能源需求及地缘政治格局的影响,并提到Nvidia在GPU领域的主导地位及各国在技术基础设施上的竞争。最终总结指出,在泡沫破裂后,留下的将是更强大的技术能力和全球产业结构转型的基础。 2025-10-17 16:16:24 Author: www.cybersecurity360.it(查看原文) 阅读量:10 收藏

Quando Jeff Bezos è salito sul palco dell’Italian Tech Week a Torino, lo scorso 3 ottobre davanti a migliaia di spettatori, non ha cercato l’effetto scenico ma, con tono quasi clinico, ha descritto l’intelligenza artificiale come “una bolla industriale”.

Una definizione inattesa e in controtendenza perché, fuori dall’ennesimo allarme su valutazioni gonfiate, il suo discorso si è incentrato sulla constatazione di un fenomeno strutturale.

Jeff Bezos, l’AI e la nuova età dell’oro

Bezos, dialogando con John Elkann (organizzatore dell’evento con la piattaforma di investimento Vento) ha definito l’attuale corsa all’IA come una nuova età dell’oro e il miglior momento per essere imprenditori e promuovere start-up.

Ha parlato, inoltre, di questo momento storico come necessario per l’evoluzione dei mercati in un periodo in cui il capitale, spinto da entusiasmo e imitazione, finisce per costruire infrastrutture prima ancora che modelli di business sostenibili. “In questa fase,” ha detto, “si finanziano sia idee buone che cattive”, ma ciò che conta è ciò che resta “quando la polvere si deposita” dopo lo scoppio della bolla: la capacità produttiva, le competenze, i circuiti industriali che sopravvivono ai fallimenti.

Bezos non parla da osservatore esterno poiché la sua esperienza con Amazon, nata nell’euforia del web e consolidatasi proprio dopo lo scoppio della bolla delle dot-com (1995-2000), gli consente di leggere nei cicli di esuberanza tecnologica una funzione selettiva. L’errore collettivo, in questa interessante visione, è parte del processo di apprendimento dell’innovazione e la dispersione di capitali serve a individuare le tecnologie che resistono all’entropia.

Bezos parla di bolla “industriale”, perché non scoppierà e basta, ma lascerà qualcosa di tangibile, dalle GPU ai data center, dai nuovi linguaggi di programmazione ai protocolli di calcolo distribuito e, anche ciò che eccede, cioè l’inutile o il ridondante, diventerà materia prima per l’economia successiva.

Durante la conversazione con John Elkann, Bezos ha spinto lo sguardo oltre la cronaca, immaginando persino data center orbitanti nello spazio, alimentati da energia solare continua, come logico sviluppo della crescita di capacità, traducendo una tendenza già in atto, ovvero la necessità di spostare il calcolo dove l’energia è abbondante e la dissipazione termica gestibile.

La “bolla industriale” costituirebbe per Bezos una tappa evolutiva, in cui, dopo la produzione di eccessi, quegli stessi eccessi finiscono con edificare l’economia dell’AI, che (come ingegneria del mondo fisico) è più vicina all’acciaio e all’elettricità che al software delle origini.

Dalla bolla dot-com alla “bolla industriale”: continuità e discontinuità

Le bolle tecnologiche oltre a rappresentare un eccesso di aspettative, sono spesso fasi di accelerazione sistemica. Amazon dopotutto nasce nel 1994 (ufficialmente operativa dal 1995), in piena fase di espansione del web e della bolla delle dot-com, che si sviluppa tra il 1995 e il 2000, con il picco nel marzo 2000 e il successivo crollo dei titoli tecnologici.

Dopo il 2000, mentre molte startup falliscono, Amazon sopravvive, si consolida e diversifica l’offerta (da libri a tutto l’e-commerce), migliorando la logistica e preparando la nascita di AWS (Amazon Web Services), cioè la base dell’attuale impero tecnologico.

Amazon è quindi la testimonianza diretta di un ciclo speculativo che ha distrutto molte aziende, ma ha dall’altra parte rafforzato chi aveva infrastruttura e visione di lungo periodo. Il discorso del suo fondatore evidenzia che, come la dot-com bubble lasciò in eredità la fibra ottica, l’infrastruttura IP e la cultura di rete, la “bolla industriale” dell’IA sta producendo data center, chip specializzati e catene di fornitura per l’addestramento dei modelli.

Studi recenti mostrano come l’espansione della produzione scientifica accompagni i cicli di sovrainvestimento tecnologico e come in effetti l’AI non faccia che confermare il pattern: l’eccesso di capitale finisce con il finanziare sia la ricerca innovativa che le applicazioni marginali, con un saldo infrastrutturale positivo.

L’attuale fase si distingue rispetto al passato per la sua intensità fisica, dal momento che la costruzione di capacità computazionale diventa fine e non solo mezzo e ogni punto percentuale di crescita del settore comporta un incremento misurabile in megawatt e metri quadrati di server farm.

Energia e calcolo: il cuore fisico dell’intelligenza artificiale

L’economia dell’AI è oggi determinata dal rapporto fra potenza di calcolo, efficienza energetica e disponibilità di dati e l’addestramento di un modello di grandi dimensioni richiede ordini di grandezza di energia e capitali mai osservati prima nel settore software.

Le Graphics Processing Unit (GPU) di fascia alta, come la nuova architettura Nvidia Blackwell Ultra (piattaforma di nuova generazione presentata da Nvidia nel 2025), integrano centinaia di miliardi di transistor e comportano un costo operativo che lega strettamente industria dei semiconduttori e politica energetica.

Questa interdipendenza produce un effetto strutturale, cioè la concentrazione del potere di calcolo in pochi poli tecnologici e geografici, in un contesto in cui le economie di scala rendono improbabile la nascita di nuovi attori indipendenti e la sovracapacità latente genera vulnerabilità di lungo periodo. L’“industrial bubble” va così a coincidere con la creazione di un oligopolio infrastrutturale più che con un’euforia borsistica.

Nvidia, epicentro industriale

Nvidia costituisce l’asse centrale della nuova economia computazionale, in quanto detiene il dominio sulle GPU, guida l’integrazione verticale che lega hardware, software e modelli di calcolo e ricopre una posizione paragonabile a quella delle compagnie petrolifere nella prima globalizzazione poiché fornisce l’energia cognitiva dell’economia digitale.

La valutazione record del titolo riflette una domanda reale concentrata in poche mani: la dipendenza di OpenAI, Anthropic, Meta e di molti centri di ricerca pubblici dall’ecosistema CUDA (Compute Unified Device Architecture, piattaforma di calcolo parallelo e modello di programmazione sviluppato da Nvidia che permette di usare le GPU anche per calcoli generali come il training dei modelli di intelligenza artificiale) crea un effetto di lock-in che, in caso di crisi produttiva o restrizioni commerciali, si tradurrebbe in un rischio sistemico. In questa prospettiva, il concetto di bolla riguarda la vulnerabilità strutturale di un’infrastruttura critica non ridondante.

Nvidia reinveste utili straordinari nella costruzione di capacità produttiva, tuttavia la sostenibilità del modello dipende da fattori esterni, e, in particolare, dai costi energetici e dalle politiche di export e la crescita esponenziale di un’infrastruttura ad alta intensità materiale pone il problema della continuità più che del profitto.

Geopolitica del calcolo e sovranità tecnologica

L’intelligenza artificiale è ormai un indicatore di potenza nazionale. Gli Stati Uniti controllano la frontiera dell’hardware e delle architetture di addestramento; la Cina risponde accelerando la propria filiera domestica di chip di ultima generazione e aggirando le restrizioni all’export imposte da Washington; l’Europa resta intermedia, ambisce alla sovranità digitale ma dipende da fornitori esterni per quasi tutta la capacità produttiva.

La concentrazione geografica dei semiconduttori rappresenta un rischio strategico comparabile alla dipendenza energetica. Basta immaginare l’impatto di una crisi nello Stretto di Taiwan o di una carenza di materie prime per capire quanto fragile sia la catena globale del valore dell’AI.

In questo senso, la “bolla industriale” di cui parla Bezos, oltre che economica, è soprattutto geopolitica.

L’attuale euforia di investimenti in data center e chip è la manifestazione di una nuova corsa al controllo dell’infrastruttura cognitiva mondiale, in cui il calcolo diventa una risorsa di potere.

Oggi, infatti, più della speculazione finanziaria, è la politica industriale il vero motore di espansione della bolla.

Scenari di correzione e resilienza

I cicli di investimento tecnologico si chiudono raramente con un collasso uniforme, in quanto è molto più frequente una redistribuzione di valore, in cui le imprese prive di fondamentali scompaiono, mentre le infrastrutture costruite durante la fase di “euforia” restano operative.

In sostanza, un “atterraggio morbido” significherebbe un riassetto graduale del mercato, con la sopravvivenza dei progetti sostenibili e una maggiore efficienza nei consumi; al contrario, un “atterraggio duro” comporterebbe una frenata netta negli investimenti e una svalutazione improvvisa delle macchine che oggi alimentano l’economia del calcolo.

Alcuni studi recenti evidenziano che il rischio sistemico è nel debito infrastrutturale, non nei listini azionari, dal momento che fondi immobiliari e veicoli di leasing che finanziano data center potrebbero diventare il punto di propagazione di eventuali crisi di liquidità.

Il grado di resilienza dipenderà dalla diversificazione tecnologica e dalla capacità dei governi di integrare l’AI nelle strategie di sicurezza nazionale e ambientale.

Dimensione energetica e ambientale

Il fabbisogno energetico dei sistemi di IA è già paragonabile a quello di interi stati di media dimensione. Secondo alcune stime si prevede che nel 2025 l’energia consumata dai data center (trainata anche dal boom dell’intelligenza artificiale) sarà attorno a 536 TWh, ossia circa il 2 % del consumo elettrico globale.

In questo scenario, la proposta di Bezos di spostare, nel lungo periodo, i centri di calcolo fuori dall’atmosfera è più di una visione futuristica, perché indica la direzione in cui l’industria percepisce il vincolo energetico come principale limite strutturale.

La bolla industriale è quindi anche una bolla energetica, in cui si registra un’espansione più rapida della capacità computazionale rispetto all’efficienza del suo sostentamento.

L’Europa e l’Italia di fronte alla nuova asimmetria

Per l’Europa, e per l’Italia in particolare, la sfida consiste nel collocarsi nel segmento intermedio tra infrastruttura e regolazione: Chips Act europeo e i (complementari) progetti di supercalcolo HPC (High Performance Computing) possono fornire massa critica se accompagnati da politiche industriali coordinate.

L’Italia dispone di competenze nel design di microelettronica, nell’automazione e nella manifattura intelligente, cioè aree in cui l’AI può essere applicata in modo produttivo più che speculativo. In assenza di un’industria dei semiconduttori autonoma, la leva competitiva può risiedere nella qualità dei dati, nella governance e nella formazione avanzata.

La partecipazione consapevole alla “bolla industriale” significa usarla come leva, senza subirla, per consolidare infrastrutture locali e modelli etici di sviluppo tecnologico.

Verso un’economia del calcolo sostenibile

La prospettiva proposta da Bezos invita a considerare l’AI come un’infrastruttura in costruzione più che come un mercato in espansione con l’obiettivo di governare la bolla (non evitarla), affinché la capacità accumulata diventi risorsa comune.

La vera distinzione da considerare è quella tra investimento produttivo e investimento non trasparente: se la bolla finanziaria genera volatilità, la bolla industriale genera inerzia, poiché implica un accumulo di capitale fisico che non può essere smobilitato senza conseguenze sistemiche.

In questa direzione, il problema politico ed economico dell’AI nei prossimi anni sarà la gestione di ciò che rimarrà dopo lo scoppio della bolla, cioè infrastrutture, consumi, concentrazioni di potere e impatti ambientali.

Dopo la bolla: ciò che resta

L’efficace discorso di Bezos e la sua lucida e pragmatica visione, con la distinzione tra bolla industriale e finanziaria, consentono senza dubbio di comprendere meglio e con più precisione l’attuale fase dell’intelligenza artificiale cioè di inquadrare il fenomeno come un episodio di accelerazione infrastrutturale e geopolitica, non come anomalia di mercato.

L’AI, sostenuta da capitali e ambizioni nazionali, sta creando la rete produttiva su cui si modellerà la prossima economia dell’informazione e, quando la bolla si ridimensionerà, ciò che resterà sarà qualcosa che va oltre un insieme di tecnologie, cioè la struttura materiale di un nuovo ordine industriale.

L’innovazione che sopravvive alle fasi euforiche non è casuale poiché è proprio quella che diventerà infrastruttura e la vera eredità della “bolla industriale” sarà la consapevolezza che il calcolo, l’energia e la governance tecnologica sono elementi inseparabili di una stessa architettura globale.

Insomma, quando la polvere si deposita (e, chissà, forse Bezos pensava ai Queen) another one bites the dust: i modelli fragili svaniscono, ma le strutture resistenti restano, pronte a fondare la nuova economia del calcolo.


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