Volti innocenti, rischi invisibili: la nuova frontiera della protezione dei minori
文章探讨了教育机构在处理儿童图像时面临的隐私和法律挑战。重点在于GDPR框架下对同意的要求以及其在实际操作中的滥用情况。通过一个幼儿园因强制要求家长同意使用儿童照片而被处罚的案例,揭示了同意机制被异化为强制手段的问题。同时强调了保护儿童数字隐私的重要性,并提出了学校和家庭应采取的具体措施以确保合规性和安全性。 2025-9-11 11:16:10 Author: www.cybersecurity360.it(查看原文) 阅读量:5 收藏

Le immagini hanno un ruolo centrale nella comunicazione istituzionale e commerciale nel marketing e nella narrazione: tuttavia, quando si tratta di minori, la gestione di tali immagini assume una dimensione delicatissima, che coinvolge diritti fondamentali, protezione della personalità e tutela della dignità.

Il consenso, previsto dal GDPR come una delle basi giuridiche per il trattamento dei dati personali, è spesso invocato per giustificare la diffusione di immagini.

Ma cosa succede quando diventa condizione per accedere a un servizio che nulla ha a che fare con la promozione e il marketing?

Quando il consenso diventa coercizione: il caso dell’asilo sanzionato

Un recente provvedimento del Garante Privacy ha sanzionato un asilo nido per aver imposto ai genitori di firmare il consenso all’uso delle immagini dei bambini per scopi promozionali come condizione per l’iscrizione.

Il Garante ha ritenuto tale pratica illegittima, ordinando la cancellazione delle immagini raccolte, nonché il blocco delle telecamere installate nella struttura senza le necessarie autorizzazioni.

Questa vicenda evidenzia una distorsione ormai frequente in cui il consenso, che dovrebbe essere atto volontario, consapevole e tutelante, si trasforma in uno strumento di pressione. Una dinamica che mina la fiducia tra istituzioni educative e famiglie, rischiando di normalizzare pratiche contrarie al GDPR e al principio di autodeterminazione informativa.

Il contesto normativo: GDPR, Codice civile e diritto all’immagine

Il Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) stabilisce che il consenso deve essere:

  1. Esplicito e informato: l’interessato deve comprendere chiaramente per quali finalità vengono trattati i dati.
  2. Specifico e distinto: ogni finalità richiede un consenso separato; non è possibile utilizzare formulazioni uniche per finalità multiple e non correlate.
  3. Revocabile: può essere ritirato in qualsiasi momento, senza pregiudicare la liceità dei trattamenti già effettuati.

In Italia, l’articolo 96 della Legge sul diritto d’autore e le norme del Codice Civile ribadiscono che la pubblicazione di immagini di una persona richiede il suo consenso, salvo eccezioni specifiche. Quando si parla di minori, la questione diventa più rigorosa: è necessario il consenso di entrambi i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, soprattutto per finalità promozionali e pubblicitarie.

Il Garante Privacy ha più volte ribadito che il consenso deve essere libero: se il rifiuto impedisce l’accesso a un servizio (in questo caso addirittura ad un servizio educativo), siamo di fronte a una violazione del principio di libertà previsto dall’art. 7 del GDPR.

Consenso come diritto o ricatto?

L’uso scorretto del consenso evidenzia una deriva pericolosa: quando un diritto diventa una formalità svuotata di significato, si crea un’asimmetria di potere tra genitori e istituzioni. In un’epoca in cui la reputazione digitale dei bambini può essere compromessa fin dai primi anni di vita, la responsabilità etica degli istituti educativi assume un ruolo centrale.

Il consenso deve tornare ad essere un atto di autodeterminazione e non una firma obbligata. È una sfida culturale, oltre che normativa, che coinvolge genitori, scuole e professionisti della privacy.

Rischi concreti della diffusione di immagini di minori sul web

Nel caso in esame l’asilo risulta aver diffuso numerose immagini dei bambini pubblicandole sia sul proprio sito web che sul proprio profilo “Google Maps”, ritratti “in diversi momenti della ‘giornata tipo’, anche in contesti particolarmente delicati (sonno, mensa, utilizzo dei servizi igienici, cambio pannolino, massaggi infantili). In situazioni e attività, dunque, caratterizzate da una particolare delicatezza o destinate a rimanere riservate”.

Ciò nel totale disinteresse e nella sostanziale mancanza di consapevolezza rispetto ai rischi connessi alla “maggiore esposizione delle immagini sul web e alla loro eventuale riutilizzabilità da parte di malintenzionati per fini illeciti o reati a danno dei minori”.

La condivisione continua di immagini di bambini (sharenting), può comportare conseguenze significative e durevoli, che meritano una riflessione distaccata e analitica.

Questa esposizione fin dalla nascita, dai primi mesi fino all’adolescenza, genera un’autentica impronta digitale permanente ed è necessaria prendere atto di quanto questa visibilità possa diventare una traccia difficile da eliminare.

La presenza di immagini facilmente rintracciabili online può esporre i minori a rischi concreti, come:

  1. Identificazione non autorizzata, potenzialmente da parte di sconosciuti o algoritmi di social tagging.
  2. Cyberbullismo: le immagini condivise possono diventare fonte di scherno, umiliazione o ricatto tra coetanei o adulti.
  3. Sovraesposizione che penalizza il minore in futuro: image-sharing, magari percepite come innocue dagli adulti, possono far parte del curriculum digitale valutato da scuole o futuri datori di lavoro

L’immagine dei minori è considerata un dato personale particolarmente delicato: divulgarla richiede un’attenzione rigorosa sul consenso (di entrambi i genitori in caso di minori sotto i 14 anni), trattandosi di un «atto di straordinaria amministrazione».

Pubblicazioni “di servizio” (es. vetrine social) e pubblicazioni “private” dei genitori possono convergere nel creare una banca iconografica del minore. Sul piano giuridico, ciò comporta:

  1. necessità di una base giuridica adeguata e distinta dalla fruizione del servizio;
  2. rispetto del principio di minimizzazione e limitazione della finalità;
  3. attenzione ai diritti in gioco (immagine, reputazione, onore) e all’eventuale necessità del consenso di entrambi i genitori quando richiesto dall’ordinamento;
  4. gestione strutturata delle revoche e della content takedown policy.

In sintesi, l’uso e la diffusione delle immagini dei minori sul web è una questione complessa che intreccia privacy, diritti alla reputazione, autonomia futura, e responsabilità legale. Non è un problema tecnico da archiviare ma una scelta educativa e normativa, che richiede cautela, trasparenza e protezione attiva.

Ma le consapevolezze sono disomogenee: il rischio è percepito ma ancora sottostimato, specie quanto al riuso non autorizzato delle immagini, al furto d’identità e all’impatto reputazionale.

Il recentissimo contributo della CNIL

L’Autorità francese per la protezione dei dati (CNIL), nella sua nota informativa di sensibilizzazione del 10 settembre 2025 proprio sul tema delle immagini dei minori negli istituti scolastici, invita famiglie e scuole ad una maggiore consapevolezza sul concetto di “privacy digitale dei bambini”, suggerendo linee guida chiare su chi può scattare foto, come archiviarle e come gestirne la diffusione.

Sottolinea inoltre che la diffusione di immagini scolastiche deve essere limitata e controllata; le scuole devono ottenere consensi separati, con finalità chiaramente indicate; i genitori hanno diritto di revocare facilmente il consenso.

Infine, raccomanda che vengano preferite piattaforme chiuse e sistemi interni per condividere i contenuti con le famiglie.

I consigli per asili e scuole

Le istituzioni educative hanno una responsabilità primaria nella protezione dell’immagine e dei dati personali dei minori: il rispetto del quadro normativo deve tradursi in procedure chiare, moduli trasparenti e scelte organizzative progettate per la sicurezza e la dignità dei bambini.

Alcuni consigli pratici:

  1. Separazione dei flussi e modulistica stratificata (multilayered) per l’iscrizione – gestione amministrativa e per il rilascio del consenso all’uso delle immagini a fini promozionali: questo approccio evita commistioni ed aiuta a rendere il consenso autenticamente libero. Occorre una distinzione netta tra i trattamenti per documentazione didattica, comunicazioni alle famiglie, promozione/marketing. Ogni flusso deve essere corredato da una propria informativa, base giuridica, tempi di conservazione, meccanismi di revoca.
  2. Trasparenza e informazione: ogni richiesta di consenso deve includere (i) finalità specifiche (es. pubblicazione su sito, brochure, social network);(ii)periodo di conservazione delle immagini;(iii)diritti dell’interessato, inclusa la possibilità di revoca in qualsiasi momento e modalità di esercizio.
  3. Implementazione di misure di protezione sin dalla progettazione dei servizi quali: accesso ristretto alle immagini; archiviazione sicura; politiche interne chiare sulla cancellazione.
  4. Consenso di entrambi i genitori: in caso di minori sotto i 14 anni, è necessaria la raccolta del consenso di entrambi i genitori e la predisposizione di procedure per verificarne l’effettiva acquisizione.
  5. Policy di deindicizzazione e takedown: procedure standard per ritiro dei contenuti, cessazione della diffusione, segnalazione alle piattaforme e registrazione delle azioni intraprese.

I consigli per le famiglie

Accanto agli obblighi delle scuole, anche i genitori svolgono un ruolo cruciale: la consapevolezza e la capacità di esercitare i propri diritti diventano strumenti indispensabili per tutelare i propri figli in un ecosistema digitale complesso e spesso insidioso.

Di seguito alcuni consigli per le famiglie:

  1. Richiedere sempre informative complete: non firmare moduli generici, ma pretendere informative con dettagli chiari su finalità e modalità d’uso dei dati, comprese le immagini.
  2. Consensi: non firmare moduli contenenti consensi omnibus, ma pretendere granularità e rifiuto/revocabilità senza conseguenze sul servizio educativo.
  3. Esercitare il diritto di revoca del consenso per finalità promozionali: il consenso marketing può essere ritirato in qualsiasi momento, sempre senza conseguenze sul servizio educativo richiesto.
  4. Chiedere sicurezza e canali chiusi per l’uso delle immagini: assicurarsi che vengano privilegiati ambienti digitali protetti anziché social network pubblici. Chiedere dove saranno pubblicate le immagini (URL, profili social, newsletter) e per quanto tempo. Preferire sempre aree riservate a social pubblici.
  5. Vigilanza attiva: fare domande, controllare regolarmente le policy dell’istituto, monitorare la presenza di immagini online. Educare il minore alla cittadinanza digitale e al diritto all’immagine.

Il futuro digitale inizia dall’asilo

Questo caso è senz’altro un campanello d’allarme che impone una riflessione profonda sulla gestione dei dati personali dei minori. L’esigenza di coniugare tecnologia, educazione e tutela dei diritti fondamentali è ormai imprescindibile per creare un ecosistema di fiducia, in cui scuole, famiglie e istituzioni collaborino per prevenire rischi di sovraesposizione e violazioni della dignità dei bambini.

Le scuole e gli asili hanno l’opportunità di diventare laboratori di buone pratiche, capaci di tradurre la normativa in procedure semplici, trasparenti ed efficaci. Allo stesso tempo, i genitori devono assumere un ruolo attivo, imparando a valutare l’impatto a lungo termine di ogni immagine condivisa e a insegnare ai figli il valore della riservatezza.

Le raccomandazioni della CNIL e i provvedimenti del Garante italiano come quello in oggetto convergono su un punto essenziale: la protezione dei minori deve essere progettata e interiorizzata, senza che sia subita come un obbligo burocratico. La consapevolezza collettiva diventa infatti il primo strumento di difesa dei diritti.

Un papà in prima linea

La vicenda che ha dato origine al provvedimento del Garante è significativa perché nasce dall’attenzione e dal senso di responsabilità di un padre che ha scelto di tutelare la privacy della propria figlia, portando alla luce una pratica diffusa e troppo spesso sottovalutata. Questo gesto dimostra come la protezione dei minori è anche una questione di scelte coraggiose dei singoli.

In un’epoca in cui le immagini dei bambini diventano contenuti virali in pochi istanti, questo padre ci ricorda che la difesa dei diritti passa spesso da piccoli atti di consapevolezza quotidiana.

È da qui che può nascere una vera cultura della privacy, cioè dalla determinazione di famiglie, educatori e professionisti a mettere i diritti dei bambini al centro di ogni decisione.


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